mercoledì 4 aprile 2012

IL CLASSICO TI SI RIPROPONE SEMPRE... COME LA PEPERONATA

Moglie del Monti
Ricordate il celeberrimo sonetto del Foscolo "A Zacinto", che tratta del tema dell'esilio? Ebbene è un falso: il vero sonetto parla della sua sventurata passione per una prostituta bolognese, di nome Zacinta, conosciuta per dimenticare l'altro suo tormentato amore, la moglie del Monti.

A ZACINTO (versione analogica  antologica)
Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque...

A ZACINTA (versione digitale rimasterizzata)
Né più mai toccherò le bramose poppe
ove il mio virgulto corpo giacque,
Zacinta mia, che te metti le toppe
sul vermiglio fiore che vergine nacque...

Siete sicuri, o blogghisti erranti, che il tema trattato dal Leopardi nella sua poesia "Alla luna" sia quello della rimembranza e della sofferenza con la quale ha sempre convissuto? Rileggendola sotto quest'altra veste, scoprirete un Leopardi inedito, anche nella scelta dell'auto...

ALLA LUNA
O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l'anno, sovra questo colle
Io venia pien d'angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, né cangia stile,
O mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l'etate
Del mio dolore. O, come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso,
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l'affanno duri!
Fiat Duna con rimorchio


ALLA DUNA
Oh spaziosa Duna, io mi rammento
che, or volge il cammino, sovrasterzo.
Io venia pien d'angoscia a rottamarti.
E tu, amor, sedevi allor su quella leva
siccome or fai, che tutta la estrai.
Ma gelatinoso e tremulo
dal pianto del mio frenulo,
che si sporgea col suo cipiglio,
alle mie luci il tuo volto apparia,
che meravigliosa era mia vita:
ma ora cangia stile, o mia diletta Duna.
E pur mi giova la ricordanza,
e il noverar l'etate del mio ardore.
Oh come grato occorre
nel tempo giovanil, quando ancor lungo
lo spremea e breve ha la fatica il corso,
il rimembrar delle passate cose,
ancor che giocoso, e che il venir duri!

Ecco la Emily Brontë, per intenderci la signora che scrisse il testo della canzone di Kate Bush, Wuthering Heights, alle prese con un dilemma che attanaglia tutti noi.

VERRO' QUANDO SARAI PIU' TRISTE
Verrò quando sarai più triste,
steso nell'ombra che sale alla tua stanza;
quando il giorno demente ha perso il suo tripudio,
e il sorriso di gioia è ormai bandito
dalla malinconia pungente della notte.
Verrò quando la verità del cuore
dominerà intera, non obliqua,
e il mio influsso su di te stendendosi,
farà acuta la pena, freddo il piacere,
e la tua anima porterà lontano.
Ascolta, è proprio l'ora,
l'ora tremenda per te:
non senti rullarti nell'anima
uno scroscio di strane emozioni,
messaggere di un comando più austero,
araldi di me?
Kate Bush: "Don't open that door"


TELEFONERO' QUANDO SARAI IN BAGNO
Telefonerò quando sarai in bagno,
assiso nell'ombra che sale alla tua stanza;
quando il rumore impertinente ha perso il suo tripudio,
e il sorriso d'appagamento è ormai bandito
dall'olezzo pungente del tuo lascito.
Telefonerò quando la verità verrà a galla,
galleggerà intera, non obliqua,
e il suo influsso su di te stendendosi,
farà acuto l'odore, penoso il soggiorno,
e il tuo olfatto porteresti lontano.
Ascolta, è proprio il trillo,
il trillo inopportuno per te:
non senti rullarti nel crasso
uno scroscio di strane emozioni,
messaggere di un ospite più tronfio,
spavaldo più di me?

Ecco come Umberto Saba avrebbe scritto la sua poesia "La capra" se fosse vissuto ora.

LA CAPRA
Ho parlato a una capra
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
alla pioggia, belava.
Quell'uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi, prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.
In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.

La percezione dell'intelligenza! :)
LA TROTA
Ho parlato a una trota,
era sola alle sorgenti del fiume.
Sguazzava sazia e felice,
nutrita dai villici del luogo.
Quell'uguale sguazzare era fraterno
ai putridi pesci abissali
dei mari nostrani.
Ed io l'annusai, prima per celia,
poi perché il rubare è potere,
quello non varia
e la puzza è la stessa.
Questa puzza avvolgeva
la trota padana.
Per una trota dal viso grottesco
sentii salir su ogni disgusto,
quotidiano liquame dell'umana esistenza.

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