mercoledì 4 aprile 2012

UNIVERSI PARALLELI

Fiat 127 Sport
"Ascolta Angelo, anche se nevica forte ti riaccompagno con la 500" - il mio amico cerca di convincermi a cenare da lui. "Ma tra un paio d'ore ci saranno almeno 10 centimetri di neve, la tua 500 sarà in grado di riportarmi a casa?" - sono convinto che non è la serata adatta per uscire. "Guarda, è già tutto pronto, mia madre ha preparato una sua specialità, zuppa alla francese; poi se ci va, la innaffiamo con una bottiglia di Porto e dopo cena mettiamo sul piatto qualche lp di progressivo... sì, certamente, non faremo tardi, ma poi domani è domenica, a che ora ti alzi?... in media ti concedi mezz'ora in più rispetto ai giorni di scuola: lo ripeto, sei strano, l'ho detto anche ai miei!... Ah, dimenticavo, se non è tardi telefoniamo alla nostra collega... quale collega, mi chiedi!... la padroncina del chow-chow... tutta sorrisi e abiti firmati che ha paura di contrarre le malattie esantematiche perché da piccola i genitori la ritiravano da scuola appena scoppiava un'epidemia!" - la sua logorrea mi sta sommergendo, è pur sempre un dj di Radio Flash. Riesco a sillabare solo scuse inefficaci durante le sue brevi pause e, porca miseria, sto diventando rosso perché l'ha nominata... Penso - "sono un coglione, sicuramente anche lei l'ha capito, colpa della mia timidezza e della mia inesperienza... riesco a disegnare mentalmente funzioni nel lasso di tempo che agli altri serve per scriverle sul foglio, ma se mi sorride non capisco più niente, entro in una sorta di afasia mentale!" - ma all'altro capo del filo giunge un imbarazzato e strascicato - "Guarda, ti sbagli, non sono affatto innamorato di lei!" - L'ho appena detto e vorrei sprofondare nel girone degli imbecilli.  - "Ah, lo sapevo... ma tutti l'hanno capito, credo anche il professore di analisi: l'altro giorno non ti chiese di correggere una parte degli esoneri e tra quelli c'era, guarda caso, anche il suo... voleva vedere se eri titubante a sottolineare eventuali errori della nostra sofisticata amica... sì, lo so, il professore supervisionava, ma a te piaceva essere al centro dell'attenzione... non dirmi che non hai pensato che la sua media allo scritto d'analisi sarebbe dipesa anche da te... se tu avessi voluto, avrebbe potuto, quella sera, esaudire qualsiasi tuo capriccio... ah, è vero, tu sei il cavaliere senza macchia, ma, devi ammettere, con un bel pò di paura, se non riesci ad essere te stesso quando è presente... ma poi cosa ci trovi in lei... se vuoi divertirti e fare esperienza entra in un'aula dei corsi di matematica, proprio se non vuoi girare tutti gli istituti di Torino"- ancora una volta mi sta fagocitando con le sue parole! Ho deciso di accettare il suo invito perché sono sfinito e non mi va di ascoltarlo ancora... m'imbarazza anche continuare il discorso intrapreso - "Va bene, m'imbacucco per bene e prendo l'autobus che passa tra 20 minuti" - "Angelo, aspetta, un'ultima cosa: sarò ancora bloccato qui in radio  almeno tre quarti d'ora, massimo un'ora... comunque non preoccuparti, a casa ci saranno i miei a riceverti, ahahah... l'ho detto come se fosse un invito ufficiale, ma per un cavaliere e la sua futura dama mademoiselle de Chow-chow... e poi con il cognome che ti ritrovi, è il minimo! - attraverso la cornetta lo sento ridere di gusto a questa sua battuta  mentre nella mia mente si configurano alcuni simpatici modi per strangolarlo.
Saluto mia zia - "Non ti preoccupare zia, non farò troppo tardi, massimo mezzanotte" - "Ciao Angelo, mi raccomando" mi dice e sottolinea mi raccomando allungando le vocali per darsi un tono cisalpino.
Da cinque minuti sono al riparo sotto la pensilina della fermata, la neve continua a cadere sempre più fitta. Finalmente vedo delle luci che illuminano una siepe distante una cinquantina di metri, tre secondi ancora e il 58 svolterà per immettersi sul viale dove sto aspettando. Salgo riponendo il mio ombrello - "Sì... ho preso il tesserino d'abbonamento... meno male... stasera non mi va proprio di pagare una multa per un biglietto di 75 lire, poi, per una corsa di soli 15 minuti" - mentre mi rilasso nei sedili in fondo alla vettura mi accorgo che è semideserta, ma in un sabato sera nevoso non ci sono molte alternative ai programmi televisivi nazional-popolari. Sembra che le auto che procedono lentamente nella corsia di sorpasso facciano da scorta alla mia inquietudine, m'immagino i pensieri degli occupanti, le discussioni delle coppie e i loro urlati silenzi. Cosa stanno ascoltando?... Se il primo esame andrà bene, i miei amici ed io abbiamo deciso di girare per i viali della Crocetta con la 127 Sport arancione di Ermanno e stereo a palla con le canzoni di Mario Merola... già, lei abita lì!  
La fermata è l'ultima del quartiere San Donato. Scendo e l'autobus riparte alla volta di Porta Susa e via Cernaia. Una cinquantina di metri ancora, sembra nevichi con minore intensità. Torino è veramente una città misteriosa, anche l'illuminazione pubblica, così fioca, conferma e alimenta questa sua nomea, e una serata invernale come questa certo non dà adito a fraintendimenti. Ecco il palazzo dove abita il mio amico; non ci sono mai stato, abbiamo studiato sempre in biblioteca... signorile però, molto probabilmente costruito subito dopo l'ultima guerra e ristrutturato da poco... aspetta cosa mi ha detto che è il padre... di religione valdese... ah sì, dirigente di una ditta che si occupa di microelettronica. Citofono: una bella voce distinta di donna mi risponde: "Ah, sei l'amico di Marco, il fisico teorico pazzo... scusa è così che ti definisce quando parla di te, credimi però ti ammira veramente... ora mio marito ed io stiamo scendendo per andare al Regio, tu non ti preoccupare resta Nicole fino all'arrivo di Marco". Ecco da chi ha preso il mio amico, mia madre avrebbe fatto capolino dal finestrone del mio studio e si sarebbe limitata a dire: "Angelo non c'è ancora!" aspettando con impazienza un "Mi scusi signora, ripasso più tardi". L'ascensore arriva portando i genitori di Marco: lei una bella signora bruna, sui quarantacinque, frangetta, matita per allungare il taglio degli occhi, labbra di un rosso non tanto acceso, direi perfetto; lui in loden, baffetti e sorriso da attore consumato, sulla cinquantina... bella coppia! Saluto, mi presento e salgo. Ora mi lasciano con il fratello di Marco, ma poi perché hanno detto "Nicole" quasi alla barese... una battuta su un nome molto diffuso a Bari o sul mio accento? Ma io sono foggiano! E ho sempre pensato che Marco fosse figlio unico. Suono e, quasi all'istante, una voce in falsetto domanda "Chi è?". Alla mia risposta, mentre armeggia con la serratura, mi conferma: "Ah, lo scienziato pazzo!". Ma è la fissazione di questa famiglia, poi detto da un bimbetto di prima media... Ed ecco che mi appare... una visione celestiale, tubino nero a collo alto,  un metro e sessantacinque di forme sinuose, capelli raccolti come una dea greca, occhi di un viola marino, intenso come solo le burrasche invernali sanno creare. Io balbetto: "Sì, sono io que.. quello". "Angelo, è vero? ma entra cosa fai là impalato sull'uscio... puoi accomodarti nella mia camera... la giacca a vento me la puoi dare o appoggiarla in camera, come vuoi... a proposito prendi un whisky, un cognac o del rhum? stasera fa veramente freddo! Così ci si riscalda un pò..." A me esce solo "Un bicchier di latte caldo, grazie". "Ma allora ha ragione mio fratello che sei matto: un bicchiere di latte caldo è la risposta più strana che potessi darmi, ma voi genialoidi vivete in un'altra dimensione!" lei mi sorride divertita ed io voglio baciarla, ma mi accomodo, sconfitto dalla mia timidezza, nella sua camera. "Metto sul fuoco il pentolino con il latte e sono da te" replica lei, ad alta voce, dalla cucina. La sua camera disvela il passaggio di una ragazza dalla fase adolescenziale a quella della piena maturità: libri di fiabe, cuscinetti rossi a forma di cuore, orsacchiotti e gattini di peluche guardano immoti i libri di latino e di greco dell'ultimo anno, quelli di matematica e fisica, meno vissuti, riviste di archeologia e viaggi... stivaletti dal tacco altissimo e scarpe a décolleté sparsi e non appaiati. Lei entra: "E siediti, Angelo, scusa il disordine, sto per uscire e ho sparso un pò di roba... vuoi ascoltare della musica?" sta indicando un impianto stereo di ultima generazione - "anche mio fratello ne ha uno simile solo un pò più potente". Gli lp erano disposti su due mensole lungo tutta la parete, forse un centinaio! Mi accomodo su una poltrona stile ufficio del direttore generale di Fantozzi e mi sembra di essere proprio Fantozzi alle prese con eventi che non sa gestire... eppure non sono malaccio e qualche avventuretta estiva a Pesaro l'ho avuta anch'io! Lei mi sta dicendo che frequenta l'ultimo anno di liceo classico, anche se è due anni più giovane di Marco, è andata un anno prima... Mi sorride ed io, in quegli attimi, non ricordo il nome dell'altra. "Oh, scusami, sicuramente il tuo latte caldo è pronto, te lo verso in una scodella... lo correggo con del cognac?... Ci vuoi del miele dentro?... Ok, solo miele... eh, il miele!..." sorriso sornione e sparisce. Sto sudando, la neve fuori dalla sua finestra cade lieve e lei ritorna... mi porge lentamente la scodella e le mie mani nel prenderla accarezzano le sue in un interminabile passaggio "E' calda... la scodella?"
Il telefono squillò, mia zia entrò in camera "Angelo, un tuo amico vuole parlare con te". Avvicinai la cornetta all'orecchio e risposi "Sì, chi parla?". "Ciao, sono Marco,  perché non vieni a casa mia stasera? Ascolta Angelo, anche se nevica forte..."

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