mercoledì 4 aprile 2012

ROMANZI IN UNA PAGINA - LEZIONI

Princeton University
Il professore Brian Morse giocava a calcio, discreta ala destra. Partecipava ai tornei d'interfacoltà della Princeton University. Era l'unico professore al quale era consentito, data la sua popolarità e prestanza fisica. Quarantenne, separato senza figli, sapeva come dissimulare la propria professionalità sotto un'aria vissuta da rockstar del grunge. Riusciva a catturare l'attenzione di tutti gli studenti con la sua indole conviviale e ironica, in particolare quella delle ragazze ... beh, lascio a voi immaginare con quali ulteriori argomenti ...
Le lezioni di fisica teorica, disertate dalla maggior parte degli studenti negli altri atenei, a Princeton, per merito del suo modo di porsi e del suo aspetto, erano abbastanza seguite e, nei banchi delle prime file, le studentesse gareggiavano nel farsi notare, anche con atteggiamenti provocatori al limite della decenza. Lui sorrideva divertito, forse compiaciuto, e non mostrava mai, nascondendolo bene, il benché minimo interesse per le civetterie delle sue allieve, continuando a riempire le tre lavagne dell'aula 12 con formule che solo pochi presenti capivano.
Patricia Heatedge, lei no, lei non partecipava al futile teatrino delle sue colleghe. Studentessa modello, occhi scuri, attenti e profondi, incorniciati da un ovale ben definito, e capelli castani sempre un po' mossi come dopo una gita in bicicletta, non lasciava trasparire emozioni, impenetrabile anche per l'unica sua amica, Debra Hodgson.
A differenza di Patricia, che seguiva le lezioni sempre vestita sobriamente, di solito in tailleur o lupetto e gonna al ginocchio, Debra era una delle gareggianti più incallite, più per scimmiottare le sue colleghe o almeno era ciò che voleva far credere. Alta, occhi cerulei, cangianti con la luminosità esterna e con il suo umore, corpo modellato da quattro anni di ragazza cheerleader, usciva con il quarterback della squadra universitaria di football, anche se non passava giorno che non pensasse al suo professore, tanto da desiderare ardentemente anche il minimo sfioramento in ascensore o durante i colloqui settimanali di tutoraggio.
Quel pomeriggio il professore riceveva dalle 17 alle 19, ma lei si presentò alla porta dello studio mezz'ora prima, fermamente intenzionata a giocarsi tutte le sue carte migliori. Camicetta aderente, sbottonata quel poco per lasciare intravedere e stuzzicare la fantasia del maschio, gonna in tessuto stretch poco sopra il ginocchio in modo da esaltare il suo fondoschiena. Bussò, ma dall'altra parte non ricevette il classico invito ad entrare. Attese qualche secondo e decise di girare il pomello della maniglia: la porta non era chiusa a chiave. Cautamente la socchiuse e guardò dentro alla stanza: nessuno, il professore non c'era. In preda a un raptus momentaneo decise di prendere qualcosa che appartenesse a lui, una calcolatrice tascabile, una penna, anche solo una matita. Si aggirò nei pressi della scrivania per scegliere il trofeo-ricordo e fu allora che lasciò cadere a terra un foglietto accartocciato. Lo prese per riporlo di nuovo tra gli altri fogli che invadevano la scrivania e, inconsapevolmente, lo scartò.
Lesse tutto come in un sogno: "Brian, ti aspetto alle 5 di questo pomeriggio nel mio appartamento al 57 di Hawthorne Avenue. Ti dimostrerò che non sono solo la più brava in fisica teorica. Anche Il professore Grimwald, l'eminente cosmologo, si è ricreduto dopo la mia lezione privata ... P."

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