mercoledì 9 maggio 2012

LOGICA FORMALE – CANE CHE NON ABBAIA …

Bracco ungherese
Quando andai ad abitare per conto mio, la domenica, a rotazione, ero invitato dalle mie tre zie. Quella domenica sera fu il turno della zia del quartiere Santa Rita.
Ella alloggiava in un appartamento al pianterreno di una scuola media; il marito ne era il custode. Un magnifico giardino, che gli zii curavano personalmente, accoglieva la parte esposta ad ovest della casa. Sistemazione ottimale per i quattro figli che, alla chiamata della campanella nell'ingresso, rispondevano, età permettendo, salendo le scale per entrare in classe. Sistemazione ideale anche per lei... sì l'eroina della nostra storia, Diana, una femmina di bracco ungherese.
Ella (uso di nuovo questo pronome perché, come tutte le donne della mia vita, s'impegnò a guastarla) fu vinta dai ragazzi ad un concorso indetto da una radio privata. Non mi poteva digerire, infatti, appena mi vedeva arrivare, iniziava ad abbaiarmi contro ed io imploravo mia zia che la tenesse legata al palo accanto alla cuccia. Dopo un quarto d'ora si chetava, entrava in casa e non mi degnava di uno sguardo.
Ritornando a quella sera, appena giunsi al cancello, la vidi ed ella mi vide, ma non abbaiò. Mi accorsi allora che il campanello del citofono non funzionava. Iniziai a chiamare a  gran voce i miei zii, ma niente da fare, sforzi inutili perché avevano il volume del televisore troppo alto.
Mi feci coraggio e la chiamai: "Diana, Diana … perché non mi abbai, figlia di una cagna!". Fatica sprecata: ella osservava, accucciata a 3 metri da me, ogni mio vano tentativo, ma non profferiva il benché minimo ululato.
In quel mentre passarono davanti al cancello due ragazze, agghindate da serata in discoteca, che rallentarono il passo incuriosite dalla scena. Ne approfittai per fermarle e chiedere loro di aiutarmi a chiamare gli zii.
Formavamo un bel terzetto; le ragazze intercalavano le frasi "zii, zii aprite" a impertinenti cenni d'intesa e io ero al colmo della vergogna. Dopo un minuto di inutili e imbarazzanti grida, le ringraziai per la loro cortese disponibilità e le congedai pensando che avrebbero avuto di che ridere per buona parte della serata.
Ero esausto, mi sedetti sul basolato del marciapiedi ed aspettai. Dopo alcuni minuti mio zio aprì la porta d'ingresso per darle da mangiare.
Quella sera, a cena, fui io a non degnarla di uno sguardo!
Morale: se un cane non ti abbaia, vuol dire che ha manomesso il campanello di casa.

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