venerdì 22 giugno 2012

I BUONI CONSIGLI DEI BUONI FILOSOFI - L'ESTETICA DELLA GRAZIA: GRAZIOSO VS SUBLIME


Premesso che mi reco dal barbiere ogni due mesi, esattamente alle 07.45 del primo martedì dopo la scadenza degli stessi, rifletto sempre, aspettando l'apertura del salone prevista per le 08.00, sulla differenza degli aspetti strutturali in base ai quali si possa giustificare l'effetto estetico prodotto sull'osservatore dall'imminente taglio dei miei capelli.
E' auspicabile chiedere un taglio di capelli "grazioso", ove il predicativo (o se volete potete chiamarlo attributivo nominale) "grazioso" indica una sproporzione tra il risultato (significazione o effetto estetico) e lo sforzo (espressione o passaggio dalla materia in potenza alla forma in atto), poiché codesto taglio, presentandosi come opera in cui lo sforzo è inferiore al risultato, produce un effetto estetico mobile e quindi disinvolto?
Oppure è consigliabile esigere un taglio di capelli "sublime", dove nel predicativo "sublime" è insita l'eccedenza dello sforzo sul risultato, determinando in tal modo una fissità classicheggiante, al netto della lacca, tipica dell'eroe romantico dei romanzi d'appendice, dei busti neoclassici usati come pacchiani soprammobili e del primo Teddy Reno?
Problematiche filosofiche che i miei 6 € (costo del taglio) non riusciranno mai a dipanare non garantendo conseguentemente l'oggettività del giudizio estetico.



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